Uno di quei momenti

Percorso l’ingresso superiore del sistema di San Giovanni d’Antro
12 novembre 2022 ore 14:20, per la prima volta un essere umano entrato dall’ingresso inferiore e storico della Grotta di San Giovanni d’Antro, esce da quello superiore appena reso transitabile. È solo un tassello alla conoscenza di un sistema, ma è stato bellissimo essere lì in quel momento. Per tanti motivi.
Innanzitutto, c’è l’aspetto esplorativo, geografico e scientifico. La nostra conoscenza del sistema di cavità presenti in quel monte è aumentata molto negli ultimi decenni. Sappiamo che la grande “grotta” d’ingresso, quella dove si trovano la chiesa e i resti del fortilizio medievale, è in effetti frequentata fin dalla protostoria. Potete trovare la scheda della cavità sul Catasto Speleologico Regionale. I primi passi verso l’interno vennero fatti nel XIX secolo, affrontando grandi difficoltà, dovute innanzitutto alla presenza dei laghi interni. Quelli che oggi sono quasi sempre asciutti e vengono superati sui marciapiedi del tratto turistico, un tempo erano laghi attivi e gli esploratori dovevano superarli a nuoto o con una barca. Non per nulla nello stemma del Circolo Speleologico Idrologico Friulano c’è fin dal 1897 una barca. Fatto raro nell’iconografia speleologica mondiale, non trovate? Fu negli anni ’70 del XX secolo che la nostra conoscenza del sistema fece un grande balzo in avanti, quando gli esploratori del CSIF forzarono il “camino finale” e iniziarono a percorrere molte centinaia di metri di belle gallerie, disposte su più livelli. Durante gli anni ’80 si iniziò a guardare con interesse i camini, ovvero quei vuoti ad andamento verticale che si dipartono dalle gallerie dove si era camminato e arrampicato fino allora. In quella fase delle esplorazioni vennero risaliti alcuni di questi camini, fra cui quello che venne denominato “Il camino del Profeta“, per analogia all’opera di Gibran Khalil intitolata “Il Profeta”. Nel corso del tempo noi giovani della generazione successiva iniziammo a chiamarlo “Camino Gibran” facendo forse un po’ di confusione, ma tant’è.

Chi aveva salito quel camino, ed erano stati solo due, aveva raggiunto una quota molto alta e si era bloccato in un posto dove si osservavano le radici degli alberi. Tutto faceva pensare di essere a pochi metri dalla superficie e che la sommità del camino fosse ostruita semplicemente da un bel po’ di terra e pietre. Considerato che scavare dal basso non è salutare e che il camino è piuttosto malagevole a tratti, l’idea degli esploratori fu quella di tentare di individuare il punto giusto dall’esterno.
Non è qui il caso di tediarvi sul motivo per cui l’operazione non ebbe successo per trent’anni. Dopo averne parlato tanto, verso il 2015 eravamo pronti a mettere in campo tutte le tecniche più moderne e dare la spallata finale a questo problema esplorativo. Il motore del progetto era Turbo (Stefano Turco), uno dei due che aveva risalito il camino negli anni ’80. Purtroppo, proprio mentre ci stavamo preparando, Turbo si ammalò gravemente e ci lasciò nel 2017 (ne ho parlato qui). La sberla fu talmente forte che restammo per un po’ inattivi e storditi, continuando le esplorazioni nella sua grotta Sara e in altre cavità, ma trascurando San Giovanni d’Antro.
Nel 2021 la collaborazione del CSIF con l’Associazione culturale Tarcetta, che gestisce l’accesso turistico alla grotta di San Giovanni d’Antro, ci ha spronati a riprendere con determinazione il nostro lavoro. Fu così che il 15 gennaio 2022 una squadra di speleologi del CSIF entrò dall’ingresso storico della grotta e portò un apparato ARTVa alla sommità del camino, attivandolo in modalità trasmissione, mentre una seconda squadra si trovava in superficie con un altro ARTVa in modalità ricerca. Quel giorno ero parte della squadra esterna e vagavo nel bosco con l’ARTVa in mano e il tablet con il rilievo della grotta su GIS e il GPS attivato. In un punto, dove non c’era alcuna evidenza di aperture, rilevammo una distanza di 8.2 metri dal trasmettitore. Molto pochi se consideriamo che quest’ultimo era sotto una massa di argilla e pietre, mentre l’ARTVa è fatto per stimare la distanza rispetto a un emettitore sepolto nella neve.
Dopo avere fatto un po’ di topografia esterna e avere concordato con chi ha la proprietà del terreno le modalità per operare in un posto che non ci appartiene, ci organizzammo e il 22 febbraio 2022 si aprì il cantiere per la disostruzione della sommità del Camino Gibran o Camino del Profeta. Questa attività è stata lunga e faticosa, perché scavare fra pietre e argilla molto compatta non è facile. Oltre tutto abbiamo scoperto che nel punto dove stavamo scavando si trovava la sommità di almeno due camini (o pozzi) e il primo in cui siamo entrati non era per niente quello giusto! Insomma, abbiamo sbagliato strada per un paio di metri e scoperto una cavità parallela a quella che cercavamo. In futuro cercheremo di capire i rapporti fra le due e le gallerie sotto. Comunque, infine il 12 novembre 2022 alle ore 11:45 lo scavatore di turno, Adalberto “Barbe” D’Andrea ha visto sotto di sé la luce proiettata dai caschi dei tre speleo che erano entrati ancora una volta risalendo il camino dalle gallerie note.

Alle 14:20 Rosa Romanin è diventata la prima persona ad avere percorso interamente la traversata fra l’ingresso storico e quello superiore della grotta, uscendo dal camino proco prima di Marco Vecil, uno dei due esploratori degli anni ’80 e di Marco Gardel. Se noi di sopra eravamo coperti di argilla causa scavo, loro che salivano da sotto erano bagnati fradici per l’attraversamento a guardo – nuoto di un tratto che quasi sifonava.
Il CSIF ha compiuto da pochi giorni 125 anni e continuiamo a stupirci di fronte a nuove scoperte, consapevoli di avere visto solo una piccola parte di ciò che si cela sotto terra.
Per me, che ero sopra a tirare fuori pietre e argilla, quello è stato un momento incredibile dal punto di vista emotivo. Sentivo parlare di questa idea da quando avevo fatto il corso speleo, nel 1989. Avevo tanto discusso con Turbo su come proseguire il lavoro e dare compimento a quelle sue idee è stato veramente emozionante. È uno di quei momenti in cui sono proprio contento di essere speleologo, mi dimentico persino che nei posti chiusi sono a disagio. È uno di quei momenti che vale la pena di vivere.
PS: non ho fornito la posizione del nuovo ingresso, anche se non è difficile trovarlo per chi conosce la zona. Chiedo agli speleo che si trovano da queste parti di avere un po’ di pazienza, dobbiamo mettere in sicurezza l’accesso, sistemare tutto, piazzare una porta che ripristini il clima interno antecedente alla disostruzione, quindi non è il caso di scendere nel “nostro” cantiere ancora per un po’. La buona notizia è che alla fine avremo una via di fuga oltre la zona sifonante della grotta e chi la conosce sa quanto questo sia importante.
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